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Gli artt. 1542-1547 del codice civile disciplinano la figura
giuridica della vendita di eredità ovvero il contratto attraverso il
quale l'erede può alienare il proprio patrimonio ereditario in cambio
di un corrispettivo.
L'istituto, già conosciuto nel diritto romano ed anche nel diritto
comune, è stato regolamentato nel codice civile del 1865 in un unico
articolo, il 1545, collocato sotto il capo della cessione dei crediti.
Il legislatore del 1942, in conformità alla tradizione romana, ha
disciplinato la vendita di eredità fra le norme della vendita, anche se con un oggetto particolare.
Rispetto al codice del 1865, le innovazioni sostanziali sono
limitate all'introduzione degli artt. 1543, 1° comma, in relazione
alla previsione della forma scritta sotto pena di nullità, nonché
dell'art. 1546 , sulla solidarietà per il pagamento dei
debiti ereditari, fra compratore e venditore.
Va detto che nella prassi applicativa l'istituto ha un utilizzo
piuttosto scarso e, di conseguenza, numericamente limitate
sono le decisioni giurisprudenziali in materia. Ciò è probabilmente dovuto alla complessità della cessione onerosa dell'eredità ed alla sua alea economica.
La rarità dell'utilizzo della vendita di eredità è tuttavia in
contrasto con la sua rilevanza dogmatica, per l'inevitabile contatto
tra la disciplina dei rapporti contrattuali e quella dei rapporti successori ove affluiscono le dispute dottrinali sui concetti giuridici di eredità, di universalità patrimoniali, di intrasferibilità della "qualità" di erede e di aleatorietà del contratto. Da ciò deriva la difficoltà di inquadrare tale contratto in un modello giuridico rigoroso, conforme alla disciplina del codice civile ed al contempo individuare soluzioni coerenti con le questioni non puntualmente regolamentate dal legislatore.
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