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In questo volume si cerca di affrontare alcuni
specifici aspetti delle vicende italiane, con un taglio che integra,
nella prospettiva della storia costituzionale, la storia della stessa
Costituzione repubblicana. In esso si cerca di mettere in
evidenza soprattutto come nel nostro ordinamento non si sia mai avuto un vero
Stato dei partiti, ma viceversa un particolare tipo di partitocrazia
sregolata, che ha continuato a persistere, in forme peculiari, anche
quando le formazioni politiche presenti nel sistema prima del 1992-
93 sono scomparse nella crisi di regime.
Il crollo del tradizionale sistema dei partiti, che aveva dato vita
al patto costituzionale del 1948, ha comportato nel tempo lo scivolamento
verso una forma di democrazia non partecipata, meramente
elettorale e basata, da un lato, su istanze plebiscitarie e carismatiche,
dall'altro su forme di accentramento burocratico, che ne hanno
attenuato progressivamente (ed in modo pericoloso) valore e standard
in un quadro di indebolimento della stessa coesione comunitaria
e sociale, riflettendosi sugli stessi problemi strutturali dell'ordinamento. In questo specifico ambito appare evidente come lo stesso assetto
della Costituzione italiana del 1948 risulti in crisi, cosicché la
Carta costituzionale, dopo circa sessanta anni di vigenza, appare a
dir poco 'snervata' e al limite della rottura materiale, nonostante
essa si inserisca nell¿ambito del tessuto unitario del diritto costituzionale
europeo e di questo formi un tassello parziale. Il dibattito
sulla natura dell'ordinamento, che ha anche
coinvolto i supremi organi costituzionali, rivela
l'alternativa tra perlomeno due idee della rappresentanza
democratica e dello stesso Stato sociale difficilmente conciliabili
tra loro e con lo stesso parco valoriale rappresentato dal patto costituzionale.
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