La memorizzazione locale sembra essere disabilitato nel tuo browser.
Per la migliore esperienza sul nostro sito, assicurati di attivare la memorizzazione locale nel tuo browser.
Nella precedente edizione di questo Commentario Paolo Vitucci osservava come il campo nel quale opera la prescrizione abbia certamente dimensioni più larghe di quelle del diritto privato, e
portava gli esempi dell'estinzione del reato e della pena ovvero della
prescrizione tributaria o, ancora, della prescrizione nel diritto amministrativo o nelle leggi civilistiche speciali. Questi richiami
dimostrano tuttavia che la perdita delle situazioni soggettive di vantaggio
causata, prevalentemente ma non solamente, dal trascorrere
del tempo è retta da istituti simili e dati in parte dalle stesse norme,
e tuttavia mal riconducibili ad unità. La risalente affermazione secondo
cui la prescrizione è istituto generale del diritto, onde quelle del
c.c. vanno considerate come "norme fondamentali", conserva la
propria persuasività solo nei limiti in cui le leggi speciali non contengano
deroghe di portata tale da minare l'unità dell'istituto.
Limitandosi alle prescrizioni estintive disciplinate da disposizioni
privatistiche, o comunque da applicare nel processo civile, si
vedrà come un effetto propriamente estintivo possa riconoscersi
solamente nei casi eccezionali in cui non vale la regola (art. 2938
c.c.) della non rilevabilità se non su istanza di parte, mentre alla
prescrizione regolata soltanto dal codice deve riconoscersi l'efficacia
detta più propriamente preclusiva.
Le profonde innovazioni apportate alle legislazioni tedesca e francese danno fondamento ad una concezione della prescrizione, non più quale
effetto derivante solo dal fatto obiettivo del trascorrere del tempo
ma piuttosto quale sanzione causata da un'inerzia imputabile al
titolare del diritto. Se ne dirà approfonditamente nella parte di questo commento
in cui si tratterà degli impedimenti di fatto all'esercizio del diritto.
Prodotti correlati