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La tendenziale cameralizzazione del giudizio di cassazione determinata dall'ultima, ennesima riforma del processo civile, con l'individuazione di due canali di decisioni «non partecipate» (la camera di consiglio della sezione «filtro» e quella della sezione «ordinaria») e la previsione dell'udienza pubblica nel solo
caso di controversie che pongono questioni di rilievo nomofilattico, suscita molteplici questioni collocate su diversi piani di valutazione. Vi sono, a monte, roventi interrogativi attinenti al rilievo «culturale» della perdita, nella prevalenza dei casi, dell'udienza pubblica, tradizionalmente intesa quale presidio di civiltà giuridica e di democrazia, tanto più che la decisione «a porte chiuse» fa il suo ingresso al massimo livello
dell'esercizio della giurisdizione. Ma non mancano altrettanto significative questioni organizzative, che attengono al concreto funzionamento del giudizio di cassazione, ponendo il ceto forense dinanzi ad ulteriori difficoltà interpretative ed applicative. Ai problemi posti dalla riforma questo volume intende dare
risposta, sia pure a prima lettura, attraverso l'opinione di specialisti, sia componenti della Suprema Corte di cassazione, a partire dal suo Presidente aggiunto, sia autorevoli esponenti della dottrina, in un dibattito senz'altro foriero di utili approdi.
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